Palazzo
Genovese a San Gregorio è un edificio in stile neogotico, costruito
tra il 1892 e il 1895, su progetto dell’ l’ingegner architetto
Edoardo Trigomi Mattei per la famiglia Genovese.
La sua posizione è a dir poco unica essendo affacciato sul
Canal Grande, in prossimità dalla basilica di Santa Maria della
Salute e con una vista particolare sul bacino di San Marco.
La vicinanza con la Salute, l’affaccio sul Canal Grande, ma
anche la stessa qualità architettonica della facciata del palazzo,
lo rendono un oggetto di intervento particolarmente delicato sul quale
è stata posta la dovuta cura sia nell’inserimento della
nuova attività ricettiva e ancor di più nelle operazioni
di vero e proprio restauro conservativo.
Un rapido excursus storico è utile per capire la crescita del
fabbricato che, seppur costruito integralmente alla fine del XIX secolo,
ha interessato le fondazioni di corpi di fabbrica antecedenti, fatto
questo che è emerso durante i lavori di scavo nel cortile interno,
portando alla luce interessanti reperti catalogati e archiviati dalla
Soprintendenza Archeologica.
Nel 1892 l’ingegner architetto Edoardo Trigomi Mattei presenta
il primo progetto per la realizzazione del palazzo a seguito della
demolizione del secondo chiostro dell’abbazia di San Gregorio.
Con successive varianti in corso d’opera, tra cui la soprelevazione
da due a tre piani, il progetto vede la sua completa realizzazione
nel 1895.
Il tema fondamentale della progettazione si poneva come quello dell’inserimento
dell’attività ricettiva in un fabbricato che planimetricamente
presentava le caratteristiche di una dimora nobiliare ma che, a seguito
di un intervento di ristrutturazione abbandonato allo stato grezzo
a metà degli anni ‘90, risultava pesantemente alterata
nell’organizzazione spaziale interna. Questa situazione ha permesso
la lettura solo di alcuni elementi fondamentali della composizione
del palazzo, che comunque riusltavano essere i più importanti,
ossia: il porticato tipico della casa “a fontego” al piano
terra, lo spazio della corte interna, i due saloni ai piani primo
e secondo, individuati anche dall’esterno dalla gerarchia della
forometria. Lavorando su questi elementi è stato impostato
l’intero progeto dell’albergo che ha ricavato circa cinquanta
camere per i clienti, spazi di servizio per il personale, spazi tecnici
e impiantistici e soprattutto sale comuni per la clientela, distribuite
tutte al piano terra, in una sequenza di spazi organizzati sempre
con l’affaccio sul Canal Grande. Ai piani nobili i saloni, anche
se non più passanti perché già suddivisi con
i precedenti interventi, riacquistano la loro importanza grazie al
recupero dello spazio interno e alla collocazioni di funzioni comuni
e di distibuzione. La corte interna è stata recuperata ricomponendo
i caratteri tipici degli spazi scoperti veneziani, quindi la ricollocazione
della vera da pozzo, rimossa durante i primi lavori di ristrutturazione,
e la ripavimentazione in trachite e pietra d’Istria.
Infine il vero e proprio interventio di restauro conservativo. Lavorando
in sintonia con i tecnici della Soprintendenza, si è voluto
ridare al palazzo la sua immagine originale, non solo intervenendo
puntualmente sulle finiture, ma anche lavorando su scelte operative
che riuscissero a rimarcare la gerarchia dei vari corpi di fabbrica
via via dei singoli elementi. Privilegiando quindi la pulitura del
caratteristico paramento in mattoni faccia a vista, con il conseguente
ripristino delle specchiature intonacate e le operazioni di pulizia
degli elementi lapidei, si è voluto, con la scelta dell’intonaco
a finitura della ala ovest del complesso, differenziarla dal resto
del fabbricato, ricomponento così l’ordine gerarchico
dei volumi e ridando la giusta centralità al corpo centrale
che costituiva il vero e proprio palazzo a cui si sono successivamente
aggiunte le ali laterali.
Anche in questo caso un interveno che è partito, come deve
essere per i progetti in centro storico, dalla lettura dell’esistente,
dal riconoscimento degli elementi tipologici caratteristici e il loro
recupero, quindi l’inserimento della nuova attività valorizzando
proprio i punti di forza dell’edificio, fondendo le specifiche
funzioni con la spazialità propria del fabbricato.
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